Sacom S.p.A. indice il primo concorso per l’ideazione del corporate brand name e del relativo logo.
Il concorso ha ad oggetto l’ideazione del Corporate Brand Name aziendale e la realizzazione del relativo logo con manuale d’uso collegato, per illustrare le regole d’utilizzo del segno grafico sia internamente che esternamente all’azienda.
Il concorso è rivolto a tutti i cittadini italiani e stranieri maggiori di 16 anni. Ogni candidato potrà presentare un unico progetto. Il candidato potrà essere costituito anche da un gruppo di lavoro.
La partecipazione al concorso è gratuita.
La data di scadenza è stata prorogata al 31 Ottobre 2014 ore 17:00
Per le modalità di partecipazione, i requisiti e tutte le caratteristiche tecniche si prega di leggere attentamente il bando sottostante.
– Bando
– Allegato A
Sacom S.p.A. conferisce a DIFASA (Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università degli Studi di Torino) l’incarico di realizzare una sperimentazione di valutazione dell’impiego del prodotto TWIN® per il controllo degli stress e il miglioramento della produttività e qualità del frumento tenero, in diverse condizioni di lavorazione.
Lo scopo della sperimentazione è quello di valutare l’efficacia del prodotto Sacom TWIN® (NK 13-5 + Bacillus) per il controllo degli stress sul frumento tenero, rispetto al testimone non trattato ed altro prodotto commerciale di riferimento per la difesa della foglia e della spiga.
In un terreno sperimentale di frumento tenero in rotazione a mais, appositamente allestito da DIFASA ed i suoi laboratori in provincia di Torino, saranno messi a confronto i differenti trattamenti secondo uno schema fattoriale in condizione di inoculazione naturale: dai diversi tipi di lavorazione del terreno all’applicazione di prodotti di difesa tra la botticella e la fioritura.
La sperimentazione curata da DIFASA sarà non solo oggetto di diverse osservazioni in campo: rilievi morfologici della coltura, misurazione del colore fogliare, grado di severità dell’attacco, trebbiatura e valutazione della produzione e dei principali parametri produttivi; ma anche in laboratorio con l’analisi del contenuto in micotossine sui diversi campioni che verranno prelevati.
L’elaborazione dei dati avverrà secondo i test statistici più opportuni. Il Dipartimento DIFASA curerà le informazioni e la stesura delle eventuali pubblicazioni dei dati su riviste tecniche.
La facoltà di Agraria dell’Università di Atene ha pubblicato i risultati relativi alle prove agronomiche sull’uso di micorrize in coltura idroponica di pomodoro. Le prove sperimentali sono state realizzate con la più moderna tecnologia oggi disponibile, avvalendosi della serra robotizzata dell’università.
Sono stare realizzate 3 diverse applicazioni, ognuna in 2 substrati differenti, pomice e fibra di cocco:
– testimone
– Clonotri+Strepse+Nutryaction
– Clonotri+Strepse+Nutryaction +Micoseeds plus
Le conclusioni della prova sono state sorprendenti!
L’utilizzo dei prodotti Sacom a base di microrganismi, ovvero Conotri+Strepse+Nutryaction, ha determinato un incremento produttivo (peso totale) pari al 20%
L’aggiunta di Micoseeds Plus alla applicazione di cui sopra ha determinato un incremento addirittura del 30%
La clorosi ferrica è una fisiopatia da carenza di ferro che colpisce molte piante più o meno sensibili alla mancanza di questo microelemento. Il mancato apporto di ferro, anche a livelli minimi, determina un rallentamento del processo fotosintetico e respiratorio della pianta, con conseguenze negative sulle produzioni agricole, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo.
Ruolo biologico: il ferro è il costituente della molecola proteica dei citocromi, interviene nella biosintesi della clorofilla e dei cloroplasti, regola i meccanismi di crescita vegetativa e partecipa a molti processi di ossido-riduzione fotosintetici e respiratori.
Sintomi: La carenza si manifesta con una tipica clorosi (ingiallimento) internervale a partire dalle foglie più giovani della pianta
Se la ferro-carenza si protrae nel tempo, le foglie più giovani tendono a necrosare, mentre quelle più vecchie iniziano anch’esse ad ingiallire con le seguenti conseguenze: arresto della crescita vegetativa, caduta delle foglie e spesso anche la morte della pianta stessa.
Cause: nella maggior parte dei casi esse non sono da rintracciare nella scarsa presenza del ferro nel suolo, ma sono essenzialmente legate alla natura calcarea del terreno: esso favorisce la presenza di concentrazioni elevate di ioni bicarbonato le quali provocano un aumento del pH del suolo, rendendo il ferro insolubile e non utilizzabile da parte delle piante. Ma il pH elevato del suolo non è l’unico fattore responsabile della clorosi ferrica: anche gli eccessi di una concimazione nitrica, terreni ricchi in fosforo, alluminio e metalli pesanti, bassa temperatura dei suoli e le frequenti lavorazioni del terreno che favoriscono l’ossidazione dello ione ferroso Fe2+ (forma assorbibile dalle piante) in ione ferrico Fe3+ (insolubile) possono aggravare il quadro sintomatologico da carenza di ferro.
Terapia: prevede soprattutto l’utilizzo e la somministrazione di chelati di ferro.
I chelati sono dei composti organo-metallici, con una struttura molecolare ad anello che riescono a catturare ed inglobare al loro interno lo ione ferroso (Fe2+) rendendolo disponibile alle piante, anche in condizioni di pH alcalino. Tali composti sono solubili in acqua e direttamente assorbibili sia dalle radici che dalle foglie.
Esistono sia chelati di sintesi che organici, come i lignosolfonati o i concimi a base di ferro chelato con amminoacidi e peptidi.
Come le piante, alcuni microrganismi presenti in natura secernono dei siderofori (Neilands 1995), pigmenti idrosolubili a basso peso molecolare, che riescono a legare in maniera specifica il ferro trivalente (Fe3+)(Faraldo-Gòmez e Sanson, 2003) facilitando il trasporto intracellulare e l’assimilazione del ferro nelle piante (Weller, 1988; Meldrum, 1999). Sperimentazioni con microrganismi produttori di siderofori, soprattutto quelli appartenenti al genere Pseudomonas, Bacillus e con micorrize, hanno dimostrato una riduzione sensibile della clorosi ferrica rispetto a piante non trattate con microrganismi utili (Bavaresco et al., 2002).
In conclusione, si può affermare che l’applicazione dei microrganismi migliora l’assorbimento del ferro da parte della pianta: l’utilizzo dei microrganismi, abbinato ad una buona concimazione organica e a fertilizzanti fogliari a base di ferro chelato con peptidi e/o amminoacidi, rappresenta un rimedio naturale per prevenire la clorosi ferrica.
Soluzioni Sacom:
Twin Ferro della Linea Microbiotech (per il suolo) + Veramin Greenstar della Linea Veramin (fogliare)
*Scarica il CATALOGO PRODOTTI SACOM (Italiano)!
Bibliografia:
– AA.VV. Manuale di viticoltura, a cura di Matteo Marenghi (Edagricole, 2005).
– Bavaresco L., Amodio G., Fogher C (2002). Interazione tra portainnesto e infezione radicale con microrganismi sul controllo della clorosi ferrica e sulla produttività e la qualità dello Chardonnay. Vignevini, 5: 83-88.
– Faraldo-Gòmez J.D., Sansom M.S.P. (2003). Acquisitino of siderophores in Gram nagative Bacteria. Molecular Cell Biology, 4:105-116
– Meldrum A.J. (1999). Regulation of Pyover-1. Dine Biosynthesis in Pseudomonas aeru-ginosa. Tesi: Queen’s University Kingston, Ontario, Canada.
– Neilands J.B. (1995). Siderophores: Structure and Function of Microbial Iron Transport Compounds. Journal Biological Chemestry. 270, 26723-26726
– Weller D.M., (1988). Biological control of soilborne plant pathogens in the rhizosphere with bacteria. Ann. Rev. Phytopathol. 26, 379-407
Il Bioreport 2013 pubblicato dall’Associazione Italiana Agricoltura Biologica (Aiab), riporta che «nel 61,8% degli 8.077 comuni italiani è presente almeno un’azienda biologica, una distribuzione che si concentra maggiormente tra il centro e il sud Italia».
Aiab sottolinea che «i dati emersi dal Bioreport indicano come il nostro paese sia particolarmente indicato ad una coltivazione di questo tipo perché ricco di colline e di montagne, infatti l’agricoltura a metodo biologico certificata richiede una prevalenza di territori collinari (61%) e montani (21%)».
Il Bioreport evidenzia anche dati sorprendenti: «A questo modo di fare agricoltura si avvicinano particolarmente i giovani, infatti questo tipo di aziende (circa il 22%)sono guidate prevalentemente da persone di fascia di età tra i 20 ed i 39 anni. Giovani più orientati all’innovazione ed a una diversificazione delle attività produttive (agriturismo, attività ricreative e sociali, fattorie didattiche etc.) che diffondono la propria attività soprattutto grazie a nuovi canali commerciali come l’ e-commerce».
Un altro elemento emerso dallo studio è che l’agricoltura biologica risulta evidentemente più attenta alla sostenibilità ambientale rispetto a quella “convenzionale”, applicando buone pratiche e contribuendo alla riduzione della pressione sugli ecosistemi e sull’ambiente. Un modello di sviluppo molto diffuso a cui, per ragioni economiche, sociali e ambientali, guardano con sempre maggiore interesse i giganti della distribuzione come Coop che evidenzia che «Alla base della recente diffusione dell’alimentazione biologica tra i consumatori ci sono soprattutto motivazioni salutistiche ed etiche. L’esclusione di sostanze di sintesi chimica dai processi di coltivazione è utile a preservare la fertilità dei terreni e riduce l’esposizione umana a composti per cui, in alcuni casi, esistono diverse prove di tossicità».
Esistono peraltro diversi studi che hanno basato la propria indagine sul confronto tra il valore nutrizionale degli alimenti biologici e quello dei prodotti agricoli tradizionali: ad esempio, dalla ricerca “Are Organic Foods Safer or Healthier Than Conventional Alternatives?: A Systematic Review” pubblicata su Annals of Internal Medicine, è emerso che gli alimenti biologici sono più nutrienti e il loro consumo riduce l’esposizione a pesticidi ed a batteri resistenti agli antibiotici; Food Chemestry ha appena pubblicato lo studio “A comparison of the nutritional value and food safety of organically and conventionally produced wheat flours” che si occupa della farina di frumento rivelando che quella biologica ha proteine più digeribili e una contaminazione da micotossine di circa due volte inferiore a quella della farina convenzionale.
La diffusione di questi dati, come afferma Coop, ha contribuito a far crescere la fiducia dei consumatori italiani nei confronti degli alimenti “bio”, più rispettosi dell’ambiente e in grado di apportare diversi benefici alla salute dell’uomo.
Possiamo quindi affermare che il biologico made in Italy non è affatto un prodotto di nicchia, bensì sta trovando sempre più spazio negli scaffali dei supermercati (non solo in quelli Coop), attraendo i consumatori grazie alla garanzia di compatibilità ambientale.
Sacom da sempre è attenta alla tematica della sostenibilità ambientale e supporta l’agricoltura biologica producendo innovativi biofertilizzanti, come quelli presenti nelle Linea MICROBIOTECH, GREENPOWER e VERAMIN.
«Tutti gli anni ormai il mais va incontro al problema aflatossine, ma il 2013 per il Veneto è stato l’anno delle fumonisine, con contaminazioni pari a 10mila, 20mila, anche 30mila ppb». La segnalazione è stata lanciata da Roberto Causin, docente all’università di Padova e specialista della questione micotossine: “E a chi pensa di approvvigionarsi con fiducia all’estero – ha continuato – suggerisco di guardare con sospetto al mais che viene dall’Europa centrale, Austria compresa, nel quale sono stati riscontrati elevati livelli della micotossina Don (Deossinivalenolo, detta anche vomitossina), dannosa per esempio per i suini».
Ma cosa sono esattamente le fumonisine?
Si tratta di micotossine, ovvero sostanze chimiche naturali, prodotte da alcune specie fungine in grado di causare effetti tossici, acuti o cronici, sugli animali e sull’uomo. La fumonisina si accumula nelle cariossidi infette e se ingerite dall’uomo in elevate concentrazioni, provoca cancro all’esofago (Marasas, 1995) e alterazioni dello sviluppo del feto (Etzel, 2002). I funghi che producono fumonisine, sono quelli appartenenti al genere Fusarium; in particolare la specie F. verticillioides, l’agente causale principale della fusariosi della spiga di mais.
Ciclo biologico: Il fungo si conserva nei residui infetti della coltura dell’anno precedente e nel terreno. Le spore possono venire a contatto con la pianta già al momento della semina. In condizioni favorevoli, le spore, trasportate dal vento e dalla pioggia, raggiungono la spiga per iniziare l’infezione attraverso le sete o delle ferite causate da grandine o dagli insetti. In post-raccolta il fungo rimane attivo, se l’umidità della granella è superiore al 14%.
Sintomatologia: La fusariosi della spiga si manifesta con una muffetta bianca a partire dalle sete, per poi svilupparsi direttamente sulle cariossidi a partire dalla parte apicale della spiga.
Altri sintomi di muffa bianca si possono osservare su piccoli gruppi di cariossidi vicine (foto 1).
In genere questi sintomi sono associati a delle rosure causate principalmente da larve di piralide (Ostrinia nubilalis), un insetto fitofago che si ciba delle cariosside di mais (foto 2).
Foto 1_Gravi sintomi di fusariosi associati a rosure di piralide
Foto 2_Larva di piralide (Ostrinia nubilalis) su spiga
Difesa: Quali pratiche colturali preventive si possono mettere in campo per arginare il fenomeno?
Essendo ormai unanime il giudizio negativo sul controllo chimico sul mais, definito inefficace e improduttivo, le iniziative di prevenzione del problema ritenute più adeguate sono quelle agronomiche come:
1- Anticipo della semina: le semine comprese tra marzo e le seconda decade di aprile consentono di ottenere livelli di fumonisine più bassi;
2- Scelta di ibridi di mais adatti alla zona di coltivazione;
3- Concimazioni equilibrate;
4- Corretta gestione dell’irrigazione: evitare eccessi idrici che favoriscono soprattutto l’aumento e l’accumulo di fumonisine; mentre carenze idriche favoriscono lo sviluppo di un altra classe di micotossine: le aflatossine prodotte da funghi appartenenti al genere Aspergillus;
5- Lotta alla piralide: le larve degli insetti creano delle vie d’accesso all’attacco di Fusarium e ne favoriscono la diffusione;
6- Controllo delle malerbe, per evitare stress idrici e nutrizionali;
7- Non ritardare la raccolta: la crescita di muffe e l’accumulo di tossine sono maggiori tanto è più prolungata il periodo di maturazione;
Sicuramente le micotossine possono essere contrastate tramite il controllo biologico.
Lo stesso Causin ha affermato che «la concia del seme di mais con Trichoderma harzianum può ridurre del 70% la presenza del fungo e del 60% quella della tossina (fumonisina) (R. Causin et al., 2013).
Sacom, che da sempre opera per la cura e la salute delle piante, ha ideato un’intera linea di prodotti, la Linea Greenpower, a base di funghi benefici naturalmente presenti nel suolo, come il Trichoderma. Questo è infatti un fungo capace di contrastare numerosi funghi fitopatogeni agendo in 3 modalità:
– Colonizza la rizosfera, quindi entra in competizione con i patogeni per spazio e nutrienti, limitandone lo sviluppo;
– Produce enzimi chitinolitici che gli permettono di penetrare nell’ospite, nutrendosi del patogeno;
– Produce sostanze fungistatiche che impediscono lo sviluppo dei patogeni;
– Stimola la pianta, favorendo la produzione e lo sviluppo di radici, foglie e fusti.
Il Trichoderma è presente nel CLONOTRI, prodotto innovativo della Linea Greenpower
Larino (CB), 01 marzo 2014 – Sacom, società quotata sul mercato AIM Italia produttrice e distributrice di prodotti per la nutrizione e la cura delle piante (di seguito “Sacom” o “Società”), informa che nella giornata di ieri, nell’ambito del processo di internazionalizazzione in atto e in esecuzione del Consulting Service Agreement (di seguito “CSA”) firmato il 21 ottobre 2013 (cfr. comunicato stampa del 25 ottobre 2013) con RON Transatlantic Holdings (di seguito “TH”), è stata costituita la Joint Venture, TSacom USA (di seguito “TSacom”), volta alla commercializzazione dei prodotti Sacom negli USA, con focus primario su Midwest, California, Florida e Texas. TSacom, partecipata al 55% da Sacom e al 45% da Transacom Llc (veicolo controllato da TH) consentirà, già nel corso del 2014, l’avvio della distribuzione dei prodotti Sacom sul mercato americano, tra i principali mercati di fruizione di fertilizzanti al mondo.
L’attività propedeutica alla odierna costituzione di TSacom, avviata ad ottobre con la sottoscrizione del CSA, ha permesso a Sacom la definizione dei trials per la referenzazione dei prodotti (University of California Davies, North Carolina State, University of Nebraska) oltre all’avvio di parteship commerciali per la distribuzione dei medesimi. I feed back positivi ricevuti dal mercato, hanno spinto Sacom e TH ad accelerare la costituzione di TSacom con l’obiettivo di iniziare a generare revenues già nel corso del 2014, a seguito dell’ottenimento delle relative autorizzazioni necessarie per la distribuzione dei prodotti.
“La costituzione della Joint Venture con Sacom – dichiara Lorenzo Roccia, Presidente e Amministratore Delegato di Transatlantic – consente alla nostra holding di diversificare ulteriormente i settori presidiati, di rafforzare l’accreditamento sul territorio e di sfruttare la notevole valenza strategica del mercato americano dei biofertilizzanti che costituirà un ottimo bacino per la distribuzione dei prodotti Sacom caratterizzati da elevati standard di qualità. Ci aspettiamo di avviare la distribuzione nei prossimi mesi con la certezza, già nel breve periodo, di conseguire risultati soddisfacenti grazie alla introduzione nel territorio americano di fertilizzanti speciali frutto della ricerca italiana ”.
“Sono certo – dichiara Gianluigi Torzi, Amministratore Delegato della Società – che la vastissima esperienza accumulata dal nostro partner e la sua consolidata presenza sul territorio costituiscano un mix vincente sia sul fronte della distribuzione che su quello della politica di prodotto. Non ci aspettavamo che l’opportunità di iniziare la distribuzione dei nostri prodotti sul nuovo mercato si concretizzasse in tempi brevi, a testimonianza dell’ottima partenza 2014. La politica che intendiamo portare avanti con il nostro partner privilegerà i prodotti speciali vale a dire ad alto contenuto tecnologico da impiegare nel settore della nutrizione e della protezione naturale delle piante”.
Sacom S.p.A. ha ospitato, presso la propria sede di Larino, la Delegazione del Ghana al Consiglio Direttivo dell’International Fund for Agricultural Development (di seguito “IFAD”) e la Rappresentanza Permanente del Ghana in Italia, nella persona dell’Ambasciatrice (Evelyn Anita Stokes-Hayford) e del Ministro per l’Alimentazione e l’Agricoltura Ghanese (Clement K. Humado). Sacom è stata individuata, tra le società del tessuto produttivo italiano, per approfondire la loro conoscenza del settore agri-business italiano con particolare riferimento agli innovativi prodotti a base biologica per la fertilità del suolo, per lo sviluppo delle piante e per il risanamento delle acque. “Il Ghana – ha affermato Gianluigi Torzi, Amministratore Delegato di Sacom – che è stato già individuato dalla Società, nell’ambito del proprio processo di sviluppo attraverso la penetrazione di mercati esteri, come uno dei market target del West Africa costituirà un punto di sbocco ad elevata potenzialità. Il fatto che lo stesso Ministro Clement K. Humado ci abbia incoraggiato ad avviare la ricerca di partenariati con entità del loro territorio, rafforza la convinzione sulla validità dei nostri prodotti e sul successo della loro distribuzione in territorio africano”.
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Nel periodo invernale viene effettuata la potatura secca della vite, operazione fondamentale per la corretta gestione del vigneto. Con questa operazione, il viticoltore regola l’equilibrio vegeto-produttivo della pianta, con ripercussioni dirette sia sulla resa che sulla qualità dell’uva. Nella potatura è consigliabile di evitare drastici interventi. Grossi tagli, ferite o altre lesioni del legno, possono rappresentare dei punti d’ingresso di una pericolosissima malattia fungina che attacca il legno della vite: il Mal dell’Esca. Questa malattia, nota da tempo già nell’antica Roma, è ancora oggi poco conosciuta relativamente ad eziologia, patogenesi e epidemiologia.
L’eziologia di questa fitopatia è molto complessa. Ad oggi, la bibliografia evidenza che sono più di cinque i funghi responsabili della sindrome del mal dell’Esca. Tra questi, sempre maggiore importanza viene attribuita a Phaemoniella chlamydospora e P. aleophilum; infatti inoculando questi funghi è stato possibile riprodurre i sintomi della malattia.
Questi funghi entrano nella pianta solo per ferita, preferendo parti vecchie ed ammalate. Dopo essere entrati, i funghi si moltiplicano ed invadono i tessuti legnosi, disgregandoli per via enzimatica . La malattia si propaga nel vigneto sia per azione diretta del micelio che passa dal legno infetto a quello sano, e sia mediante gli arnesi da taglio utilizzati durante la potatura.
La sindrome del mal dell’esca è complessa ed irregolare nella sua manifestazione in anni successivi, largamente dipendente da condizioni varietali ed ambientali. Si conoscono due decorsi: uno cronico ed uno acuto. La forma acuta, detta anche apoplessia, si manifesta con l’avvizzimento improvviso della pianta totale o parziale (foto 1), mentre la forma cronica conduce alla morte della pianta in un numero variabile di anni (foto 2). Sulle foglie i sintomi compaiono nella loro massima evidenza in estate, con iniziale aree clorotiche internervali e marginali, al cui centro si formano estese necrosi con il tessuto che tende a lacerarsi in fase di disseccamento.
Le nervature principali ed i tessuti intorno ad esse rimangono invece verdi, mentre le aree clorotiche assumono una colorazione giallo-brunastra per vitigni a bacca bianca o rosso-bruna per le varietà a bacca rossa, conferendo così alle foglie una caratteristica “tigratura” (Foto all’inizio dell’articolo). Le foglie sintomatiche possono rimanere a lungo sulla pianta o cadere con tutto il picciolo. Sui grappoli compaiono tipiche macchiettature necrotiche, avvolte confluenti ed estese sugli acini; oppure, a causa di profonde alterazioni degli organi legnosi, i grappoli disseccano rimanendo attaccati ai tralci.
Sui tralci ed il legno si assiste ad una progressiva disgregazione dei tessuti legnosi, che divengono prima necrotici e brunastri, e successivamente di un colore biancastro, conferendo al tessuto una consistenza spugnosa e friabile.
Contro il mal dell’Esca non sono possibili mezzi di lotta chimica. La prevenzione è di natura preventiva, e si basa su i seguenti accorgimenti:
Recentemente si sta studiando la possibilità di controllare biologicamente la diffusione del mal dell’Esca attraverso funghi antagonisti appartenenti al genere Trichoderma. Infatti, due articoli recentemente pubblicati dalla rivista “Phitopathologia Mediterranea” indicano che l’utilizzo di funghi antagonisti, come il Trichoderma, permettono di aumentare la protezione delle ferite da potatura dai diversi patogeni che concorrono all’insorgere del mal dell’Esca. Il Trichoderma è un forte colonizzatore del legno della vite nel quale si insedia con rapidità, creando una barriera biologica alle diverse specie di fungo che provocano il mal dell’Esca.